- No - lei rispose frettolosamente senza neanche alzare lo
sguardo, poi fece uno sforzo sovrumano per accantonare i suoi pensieri, esalò
l’ultima nuvola di fumo, buttò la cicca per terra e rivolse gli occhi a quella
voce.
Vide un uomo di mezza età, vide una figura di spalle che si
allontanava con passi lenti e incerti,
una testa arruffata e sporca e vestiti logori e demodé.
- La vuole ancora quella sigaretta?
L’uomo si voltò con grazia inaspettata e ripercorse quei
pochi metri che la separavano da lei.
- Grazie signorina - un sorriso sincero accompagnato da un
alito alcolico, un misto di vinaccio e vecchia Romagna - grazie signorina- lo
ripeté ben tre volte e si avvicinò ancora.
- Lei non è così cattiva come vuole far credere - fece quella
confessione ad un centimetro dal suo orecchio, così vicino che potette
distinguere l’odore di muffa e cibo, così maledettamente vicino che le fece
venire voglia di vomitare.
- Si figuri - non sapeva che dire, desiderava solo che si
togliesse da lì.
- È che ho avuto una nottata pesante.
Perché mai le fosse
venuto in mente di dare una giustificazione, lo sa solo Dio o forse perché quel
disperato l’aveva capita all’istante, con un solo sguardo, con un sorriso. Lei
no, non era di certo cattiva, era quello che più si allontana dalla cattiveria
ma si mostrava sempre agli altri come una persona tosta e spesso era stata scambiata
per una donna granitica a volte glaciale.
- Io non mi fermo mai alla prima risposta, le persone si
capiscono solo guardandole negli occhi - sa signorina, io non fumo, ma la vedo
qui tutte le mattine e oggi ho notato che era profondamente triste.
- Io…io.. - balbettò.
- Mi scusi - e si scusò ancora - io non
l’avevo mai notata - arrossì leggermente sulle guance e si sentii immensamente
stupida.
- Lo so - rispose l’uomo.
- Ma non importa, questa è la mia
casa, per lei è solo interminabile attesa.
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