Questa domanda le rimbalzava nella testa e come una nenia antica
la ipnotizzava lì, davanti allo specchio.
-Ti ho chiesto chi sei? Nessuna risposta.
Lei scrutava con occhi stanchi, quella sua immagine riflessa
che non le apparteneva più, lei esaminava con occhi inquisitori ogni centimetro
di pelle cedevole, ogni rotolo di carne in eccesso, ogni ruga, quel ventre
molle che la faceva sembrare una gatta sterile e quelle labbra strette, tirate,
chiuse come chi da tempo non sa più sorridere.
- Ti prego smettila - si ripeteva piano ma quel pianto vicino
diventava sempre più forte in un crescendo di disperazione e fame.
Si portò lentamente gli indici alle orecchie e premette con
tutta la forza che aveva ancora in corpo, così intensamente che le fece subito
male la testa.
Fu tutto inutile, fallimentare, quel richiamo lo aveva
dentro, lei sentiva il pianto anche nel più grande dei frastuoni e ,nel silenzio assoluto, percepiva
anche il fievole cambiamento del respiro.
- Stasera niente pasta e pane - era una promessa che non
manteneva mai, ultimamente la fame era l’unica cosa di cui si sentiva colma.
- Stasera niente pasta e pane, stasera niente vita.
Si sistemò la vestaglia color porpora e notò che all’altezza
del seno si erano formate delle chiazze umide, aprì i bottoni della sua camicia
da notte e si preparò a placare ogni lamento.
Entrò nella stanza a fianco abbozzando un sorriso
consolatorio.
- Piccina mia, non piangere, la mamma è qui.
Le parole le uscirono
senza pensare e fluirono con un amore che credeva aver sepolto.
Si sedette comoda su quella vecchia poltrona che per lunghe
notti era stata il suo solo giaciglio, si sedette con grazia e con cautela
materna portò quella piccola bocca al suo petto.
Silenzio.
Per lunghi minuti i suoi occhi non smisero di guardare Lei,
poi in un attimo le balenò un pensiero
- Stasera niente pasta e pane, stasera
nuova vita.
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