Non fumo né penso di cominciare, ma la tengo in mano comunque e la stringo anche un po'. E' leggera, bianca, comoda. Mi basterebbe accenderla e inspirare, attaccarmi a questo pezzetto di carta, tabacco e altre schifezze come se fosse il seno di mia madre e io un neonato indifeso. Ma neonato non lo sono più da un bel po'. Indifeso forse sì, invece. Davanti ad una sigaretta e alla facilità con cui potrei accendermela per intossicarmi un po'. Così, solo per il gusto di farlo.
La disarmante semplicità con cui una persona può fare del male a se stessa.
Dire una menzogna sapendo di mentire. Rispondere sì quando si dovrebbe rispondere no e no quando si dovrebbe rispondere sì. Intraprendere relazioni sbagliate, di quelle che non ti lasciano dormire la notte e ti fanno sentire un po' un Bukowski dei poveri, un po' il personaggio di una fiction. Oppure cominciare a fumare.
Quanti modi di farsi male. Uno più attraente dell'altro, e, tragicamente, uno più accessibile dell'altro. Basterebbe così poco. Forse ho un accendino in qualche cassetto.
Oh, ma dov'è l'angioletto che mi sussurra di lasciar perdere e mi riporta sulla retta via?
Probabilmente si è arreso anche lui. E comunque, gli angeli non esistono.
Ok, e allora forse sta per arrivare il momento in cui mi alzo da questa sedia, butto la sigaretta, la calpesto con la scarpa da ginnastica e riprendo in mano la mia vita. No, nemmeno questo. Il fatto è che i miei problemi sono due:
Uno: non trovo abbastanza motivi per volermi bene.
Due: non c'è nessuno che mi venga a salvare.
Ecco perché sono ancora qui, con questa sigaretta. Perché la strada sbagliata è l'unica che è sempre pronta ad accoglierti. E poi perché farsi male da soli è più dolce che aspettare che siano gli altri a fartene.
Va bene allora, così sia: accendiamo questa sigaretta.
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