Starlet_eyes Photography |
Joe era arrivata a Parigi tre giorni prima. Amava quella città. E nonostante fosse lontana da casa, si sentiva accolta e desiderata. Si sentiva adatta, recitava la sua parte preferita. In una perfetta scenografia.
Adorava gironzolare per i viali sognanti, coperta dal profumo di crepes, circondata da un accento ipnotico esibito dalle voci dei passanti. Che sapeva di musica. Ed era come se i rumori metropolitani venissero assorbiti dalla sua stessa bellezza. Era il 27 marzo 2002.
La collina e la sua basilica racchiudevano il suo angolo di mondo preferito. Un teatro a cielo aperto, dalle poltrone di cemento. E un passo. Fuori dalle righe.
Le nacque il sorriso sulle labbra ancora prima che si aprissero. Trovò in un istante tutte le tracce dentro di sè. E sulle note dell’Hallelujah di Buckley decise di andare a prendersi un pezzo di vita.
Ci sono storie d’amore che durano anni, altre che durano un istante. Ci sono persone che si innamorano con il tempo. E altre che si innamorano con il cuore. Senza tempo.
Aveva bisogno di amare. Di essere felice oggi. Senza nessuna ragione, prese la sua borsa, si alzò e si sedette di fianco a lui. Era arrivato lì qualche minuto prima. Il vento le aveva portato il suo profumo. I respiri, corti, lasciarono spazio a un lungo, inaspettato sospiro. La sua convinzione che bisognasse imparare a stare con le persone, lasciò spazio all’idea che esistessero, piuttosto, degli incastri. Perfetti.
Fu nella caffetteria vicino alla stazione della metropolitana, che si sfiorarono le mani per la prima volta. Non si è mai preparati abbastanza alle nuove sensazioni. Non si conosce mai fino a che punto possa arrivare il nostro coraggio. Fino a quando le farfalle che ci volano nello stomaco sono talmente numerose, da dover addirittura uscire.
Una promessa. Di pura. Follia.
Promettersi di rivedersi dieci anni dopo. Esattamente lì. Dove si erano conosciuti. La cosa più irragionevole da decidere. L’azione, assolutamente illogica, di un amore vissuto in un tempo eterno e impercettibile.
Era il 27 marzo 2012. Prima del volo, allacciando la cintura di sicurezza, Joe pensò di essere matta.
Dieci anni erano stati un lunghissimo viaggio. Era stato come se avesse deciso di fare il giro del mondo per poi tornare al punto di partenza. In pratica, aveva acquistato un biglietto di sola andata, senza assicurazione. E naturalmente, non ebbe nemmeno il coraggio di raccontare a qualcuno di questo accordo, preso con uno sconosciuto, un pomeriggio di primavera, a Parigi.
Appena superata la cancellata, si guardò attorno con fare attento. Il cielo era plumbeo e qualche impacciata goccia di pioggia si presentava all’asfalto, timidamente. Fu in quel momento che si girò verso una Parigi riservata. Coperta da una leggera foschia.
Si sentiva speranzosa, quanto stupida. Poi sentì le prime note. Una chitarra acustica. In una avvenente Montmartre.
- Joe, sei proprio tu?
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