Immagina che questo non sia il piccolo giardino della vicina ma un posto nascosto dentro un piccolo bosco e che cento e più anni fa noi ci s'incontrava dopo aver lacerato il bordo delle vesti camminando tra i rovi. Tu portavi una pagnotta e qualche frutto di stagione, io
rubavo del liquore giallo ocra dalla vetrina del tinello di mogano
scuro. Era sempre d'estate, per noi l'inverno era migrato altrove. Ci sedevamo composti uno di fronte all'altro nascondendo i graffi del
cuore, facendo finta che un'ora era infinita. Si mangiava e parlava e
qualche volta danzava. Si stava muti qualche volta. Capaci di
sentire e godere del non dire nulla. Quello era il nostro piccolo mondo
fatto di bosco e di morsi. Poi tornando ci si slacciava pensando
che cominciava il sogno. Con le pareti strette di due case ma senza
tetto per poter scappare. E passavano i giorni che non finivano mai. Pieni e rotondi. Sferruzzatti con cura fino a farne una coperta colorata
da tenere sopra le spalle quando poi per mano del futuro in quel bosco
una piccola casa, una soltanto, abbiamo addobbato ridendo.
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