Rooibos alla vaniglia

Forse era stanco di viaggiare.

Camminava lento su quella strada dissestata, stando attento a non inciampare, mentre, completamente ovattato nella sua dimensione surreale, osservava i passanti e i loro veloci movimenti. In quella frenesia cercava una risposta, cercava di capire cosa aveva dentro. Ogni tanto accelerava il passo, altre volte lo rallentava.

Accanto a una vetrina di un vecchio negozio di the, si fermò e si mise ad osservare l'ordine dei barattoli di vetro e le etichette, per leggerne il contenuto.

Iniziava a piovigginare, il cielo era plumbeo e si colorava di sera, mentre l'ora del tramonto sopraggiungeva velocemente.

Non ti accorgi mai della velocità del tramonto, fino a quando non ti fermi ad osservarne uno e vedi il sole scendere;
fa una discesa rapida verso l'orizzonte, fino a sparire.


Forse voleva fermarsi.

Entrò nel negozio di the e si mise ad ascoltare la voce di una vecchia signora, intenta a raccontare al commerciante il suo giro al mercato di quella mattina; e poi le vicende amorose di suo nipote, lasciato all'altare qualche anno prima e ora intento a ricostruire una relazione con una donna.

Alzò il coperchio del rooibos alla vaniglia e lo avvicinò al naso.
Inspirò lentamente e riempì i suoi polmoni di un profumo inebriante e dolce, delicatamente commemorativo. Gli ricordava le domeniche mattina a casa della nonna, di quando era piccolo. Poteva ancora sentire i suoi passi verso la cucina e il calore di un abbraccio al profumo di torta.

"Buonasera, posso essere d'aiuto?"

Gerard, il proprietario del negozio, invase il suo silenzio, invase il suo oceano di pensieri frammentati e i suoi battiti accelerati.

"Vorrei 10 grammi di Rooibos alla vaniglia, per favore."

Ne avrebbe bevuto una tazza mezz'ora più tardi, seduto sulla poltrona di velluto verde del suo salotto.
Da lì, guardava il suo dolore, fuori dalla finestra, bagnato dalla pioggia. I lividi segnavano ancora il suo corpo; Prese in mano un libro, tra quelli appoggiati li accanto. Lo aprì e iniziò a leggere.

Se solo avesse avuto la forza. Se solo fosse riuscito a capire che siamo solo piccoli frammenti di universo, destinati alla vita per conoscere il significato dell'amore. Se solo si fosse alzato. Da quella poltrona.

Forse non ci sarebbe andato.

Lei era l'unica a non vedere nessuna imperfezione nelle sue crepe. E di lui, assaporava ogni singolo difetto, come se fosse stato arte, come se fosse stato magico. Si era voluta spingere fino in fondo, capendo il suo inferno, accogliendolo con se. Non faceva domande, non ne fece mai. Semplicemente gustava ogni attimo con lui, per la sua autenticità. Per la sua ultima volta. Perché ogni attimo poi non torna più.

Lo aspettava la sera stessa al Bohème, un bruin café alla fine della strada in cui viveva. Seduta vicino alla vetrata, per guardare fuori.
C'erano le luci soffuse, le candele sui tavolini e l'odore di legno caldo.

O forse si, invece.
Questo è per i soli. E' per gli abbattuti, per gli esperti della caduta.
Questo era per lei, che andava e veniva, come le onde. Per sempre.
Questo è per quelli che resistono, che sanno aspettare.
Per quelli che ce la fanno, ma che per volare hanno bisogno di una mano.







A te, alla mia onda.






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